PER CAPIRE
Istituito in Italia nel 2004 da una legge dello Stato, intende diffondere la conoscenza di una delle pagine più oscure della storia recente e rendere giustizia alle vittime.
E’ l’8 settembre del 1943, l’Italia firma l’armistizio con gli angloamericani. Nel Paese è il caos: per i soldati italiani, che non sanno più chi è il nemico, e per la gente in balia di violenze incrociate e di vendette tra le parti. A pagare il repentino cambio di situazione sono in particolare i civili di Istria, di Fiume, la comunità giuliano-dalmata, incalzati dai partigiani di Tito che avanzano in quelle terre che vogliono libere da ogni presenza italiana. Saranno 350 mila i profughi che, tra il 1943 e il 1945, lasceranno le case e tutti i propri beni, per rifugiarsi nelle diverse regioni italiane. Diverse migliaia le persone che nel Carso furono gettate nelle Foibe carsiche.
Per fare memoria di questa tragica pagina, dal 2004, il 10 febbraio di ogni anno, si celebra il Giorno del ricordo. Ci sono voluti decenni per arrivare a questa decisione, fino ad allora l’amaro destino vissuto da tanti italiani era passato in sordina. Pochi gli studi dedicati a fare chiarezza.
Le tragedie non vanno dimenticate, certo. E il contributo di Simone Cristicchi (col suo “Magazzino 18”) e del recente film “Red Land” sul calvario di Norma Cossetto sono fondamentali. Per non dimenticare.
“RED LAND”: il film che racconta la vicenda di Norma Cossetto
Norma Cossetto, giovane studentessa istriana, violentata e uccisa dai partigiani jugoslavi nel 1943 perché italiana e figlia di un dirigente locale del partito fascista. La sceneggiatura si basa su un ‘diario’ di un cugino della giovane, Giuseppe. Ma perché questa scelta? Ce lo spiega Alessandro Centenaro: “Perché Norma rappresenta un simbolo. E’ una delle tantissime vittime di questa immane tragedia che è stata l’esodo degli istriani, fiumani, giuliani e dalmati. Lei era una studentessa laureanda a Padova, molto religiosa, molto cattolica, come tutte le genti italiane che vivono lì, aveva il papà fascista, certo. Ma chi non era fascista in quegli anni? Se non avevi la tessera del partito fascista non potevi iscriverti all’università… Ma lei era convinta di queste sue idee. Poi abbiamo visto quanto male ha fatto il fascismo anche nella Jugoslavia. E quindi lei è una vittima di questo sistema delle ideologie, dello scontro ideologico, e in realtà di una pulizia etnica, perché la componente slava voleva eliminare tutti gli italiani da là per giustificare l’annessionismo voluto da Tito dell’Istria e della Dalmazia.”
L’8 febbraio 2005, a Norma Cossetto è stata conferita la medaglia d’oro al valor civile dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi.
Ricordare per non ripetere gli orrori del passato
Fare memoria, dunque, per ricordare le vittime, per rendere loro giustizia, ma anche perché gli orrori del passato non si ripetano.
“Per noi non è un film contro qualcuno, per rievocare fantasmi del passato – afferma Alessandro Centenaro, il produttore cinematografico, – ma è un film per: per il dovere di raccontare. Noi dobbiamo rendere giustizia con la nostra testimonianza a queste povere genti. Molti ci hanno rimesso la vita, i propri beni e 350 mila – non dimentichiamoci – hanno dovuto lasciare per sempre quelle terre… Da secoli convivevano con la componente slava, in pace e tranquillità. Le ideologie del Novecento, il fascismo il comunismo e il nazismo, hanno provocato questa immane tragedia. Quindi oggi è importante il dovere della memoria per ricordare, non per rinvangare. E per contribuire alla pacificazione, una volta per tutte. Dopodiché, c’erano tra loro dei fascisti? Sì, ma c’erano anche tanti italiani che credevano nel comunismo che sono stati a loro volta eliminati dai partigiani di Tito solo perché erano italiani. Un po’ per opportunismo, un po’ per quieto vivere, per 70 anni non se ne è mai parlato.”
“Istria Rossa”, in riferimento alla terra ricca di bauxite dell’Istria.
Dal novembre 2018, la distribuzione in diverse sale italiane.
MAGAZZINO 18 di Simone Cristicchi
Magazzino 18
Simone Cristicchi
Siamo partiti in un giorno di pioggia
cacciati via dalla nostra terra
che un tempo si chiamava Italia
e uscì sconfitta dalla guerra
Hanno scambiato le nostre radici
con un futuro di scarpe strette
e mi ricordo faceva freddo
l’inverno del ’47
E per le strade un canto di morte
come di mille martelli impazziti
le nostre vite imballate alla meglio
i nostri cuori ammutoliti
Siamo saliti sulla nave bianca
come l’inizio di un’avventura
con una goccia di speranza
dicevi “non aver paura”
E mi ricordo di un uomo gigante
della sua immensa tenerezza
capace di sbriciolare montagne
a lui bastava una carezza
Ma la sua forza, la forza di un padre
giorno per giorno si consumava
fermo davanti alla finestra
fissava un punto nel vuoto diceva
Ahhah
come si fa
a morire di malinconia
per una terra che non è più mia
Ahhah
che male fa
aver lasciato il mio cuore
dall’altra parte del mare
Sono venuto a cercare mio padre
in una specie di cimitero
tra masserizie abbandonate
e mille facce in bianco e nero
Tracce di gente spazzata via
da un uragano del destino
quel che rimane di un esodo
ora riposa in questo magazzino
E siamo scesi dalla nave bianca
i bambini, le donne e gli anziani
ci chiamavano fascisti
eravamo solo italiani
Italiani dimenticati
in qualche angolo della memoria
come una pagina strappata
dal grande libro della storia
Ahhah
come si fa
a morire di malinconia
per una vita che non è più mia
Ahhah
che male fa
se ancora cerco il mio cuore
dall’altra parte del mare
Quando domani in viaggio
arriverai sul mio paese
carezzami ti prego il campanile
la chiesa, la mia casetta
Fermati un momentino, soltanto un momento
sopra le tombe del vecchio cimitero
e digli ai morti, digli ti prego
che non dimentighemo
Compositori: Francesco Musacco / b. nider
Magazzino 18, uno spettacolo teatrale che prende il nome dal luogo, nel Porto Vecchio di Trieste, dove gli italiani, cacciati dall’Istria dopo la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale, lasciavano le loro cose. Un vero e proprio percorso nella memoria, quello di Cristicchi, che riconduce al dramma della fuga, alla barbarie delle foibe, alle persecuzioni del regime comunista di Tito. Quella pagina di dolori, insomma, per anni oscurata dalla «storiografia dei vincitori».